Non so cosa diranno i media; per ora sembra molto poco. È come se volessero dire ‘niente è successo’, e invece, assicuro, tutto è cambiato.
Io c’ero, a Firenze, alla Leopolda 10, che è stata la mia prima Leopolda
E’ stata un’esperienza unica, travolgente e indimenticabile, un enorme e coinvolgente barcamp.
Prima cosa: cosa è un barcamp?
E’ una non-conferenza, una tipologia di evento informale che nasce nel mondo della tecnologia informatica e dell’innovazione digitale e che si basa sull’interazione fra gruppi di lavoro. Lo scopo di un barcamp è rendere possibile la partecipazione libera e lo scambio di conoscenze, competenze, riflessioni e idee su specifici argomenti oggetto dell’incontro. E’ un evento in cui la discussione è aperta e in cui tutti i partecipanti sono coinvolti. L’approccio tipico del barcamp permette di allontanarsi da una visione tradizionale degli argomenti, per fare la possibilità ai partecipanti di essere creativi.
Perché dico che la Leopolda è un barcamp
La Leopolda, come vi dicevo, è sostanzialmente un barcamp. Ci sono tante tavole rotonde, ciascuna dedicata a un tema specifico, alle quali ci si può sedere per prendere parte alla discussione, fare proposte e condividere idee; ci sono anche momenti di conferenza sul palco, ma chi sale – nella maggior parte dei casi – è una persona ‘qualsiasi’ che si è offerta di farlo, presentando una proposta di argomento. Così sul palco sono saliti ragazzi di 15 anni e studenti di 21, professionisti di 40 e giovani sindaci di 30, imprenditori e ricercatori, persone che avevano una necessità da dichiarare e altre che avevano una proposta da condividere. Grandi, piccoli, donne, uomini, alti, bassi, persone nate in Italia e non.
Di cosa abbiamo parlato alla Leopolda
Si è parlato di città intelligenti, di mobilità sostenibile, di soluzioni per alleggerire i costi delle aziende e favorire la creazione di lavoro, di politiche per la famiglia e per l’eguaglianza sostanziale di genere, di ius culturae e di meritocrazia; di cultura, educazione e istruzione per contrastare la criminalità; di ambiente e di riduzione degli sprechi, di nuovi settori industriali emergenti, di responsabilità dell’agire a partire dalle cose della vita quotidiana.
Cosa ho trovato
Ho trovato entusiasmo, voglia di fare, voglia di mettersi al lavoro, di rinnovare e di rinnovarsi, di giungere assieme a soluzioni e a nuove vie per affrontare le sfide di oggi e dei prossimi 10 anni. Per preparare un terreno solido e prospero. Ho trovato migliaia di persone di ogni età, forma e storia.
Ho visto tantissime donne e tantissimi giovani esserci, appassionarsi e avere un ruolo attivo e rilevante. Ho visto persone più anziane riempirsi di speranza per il futuro delle generazioni successive e per quello di tutti.
Quando sono arrivata e uno dei volontari, dandomi il badge, mi ha detto ‘Benvenuta alla Leopolda’ guardandomi negli occhi, ho avvertito talmente tanto calore e accoglienza, tanta amorevolezza in quella persona e in tutti, da sentirmi commossa. Per una cosa così semplice… pensa un po’!
Ma c’era quel clima, si poteva toccare. E’ davvero una casa, non potrei descriverla diversamente.
Che aria tirava
C’erano nell’aria energia, felicità, amicizia, apertura, rispetto, voglia di stare e di fare assieme, libertà di esprimersi, leggerezza dei cuori, serietà degli intenti, responsabilità delle azioni.
Ho trovato, forte e rumorosa, la prospettiva concreta e fattibile di un futuro più equo e sostenibile, femminista, integrato, aperto e partecipato, gentile, in cui la gente è grata di avere delle possibilità ed è ancora più grata di aiutare a creare condizioni affinché tutti abbiamo quelle possibilità.
Ecco, questo dovrebbe essere il senso -sempre- della politica: il servizio.
Finalmente! Provo sollievo, davvero.

E ‘Un’altra strada’, l’ultimo saggio di Matteo Renzi, è un libro che contiene idee e ispirazioni non solo su ‘cose da fare’ ma su un approccio nuovo, felice, responsabile, costruttivo e positivo al mondo. Lo ho letto d’un fiato, provando una leggerezza del cuore pagina dopo pagina.
È qualcosa e qualcuno che ha acceso una luce.
Qui sotto vi racconto per immagini questa nostra (mia e di mio marito) avventura.
GIORNO 1 – venerdì 18 ottobre 2019
Arriviamo verso le 18, la stazione è bellissima, c’è tanta gente, calore, accoglienza, alle pareti frasi di ispirazione che ci portano nel clima giusto per iniziare.
Le sale si riempiono in fretta, tanti restano fuori dai cancelli perché si raggiunge presto la capienza massima. Pensavamo di essere arrivati troppo presto -tre ore prima dell’apertura ufficiale- ma mi ricredo quando apprendo la notizia.
Noi riusciamo a trovare un angolo in piedi nella stanza principale; ogni tanto riesco a sgattaiolare in qualche punto migliore da cui, con un bel po’ di zoom, fare delle foto. L’avvio è molto emozionante; si entra poi subito nel merito e si parla di agenda 2030. I 17 obiettivi dell’agenda, a mio avviso, sono un po’ il fil rouge di tutto.
La spilletta ricordo è d’obbligo.






GIORNO 2 – Sabato 19 ottobre 2019
Arriviamo troppo tardi, l’affluenza è enorme e non riusciamo a entrare. Sono stati allestiti dei maxischermi, e assistiamo agli interventi principali sul palco dal cortile. Purtroppo non riusciamo a partecipare ai tavoli e, nel frattempo, decidiamo di fare i turisti. Troviamo un mercatino con alcune bancarelle di libri usati e ne prendo uno curioso, con saggezza zen. Fra Il Libraccio e il Duomo ho dei dubbi su cosa visitare 😉
Per stada mi imbatto nel manifesto della stagione teatrale, un inno al bello. La bellezza salverà il mondo.
E la Leopolda e Firenze sono bellissime. Dopo le conferenze del pomeriggio, con l’ufficializzazione della nascita di ItaliViva, entrati all’ultimo alla Leopolda, felici e con le nostre bandierine in mano torniamo a fare i turisti e a goderci la notte di questa bellissima città. Sappiamo che il giorno dopo sarà una levataccia, ma non pensiamo a piedi e gambe stanchi per le ore in piedi e ci avventuriamo in una passeggiata nella meraviglia.








GIORNO 3 – domenica 20 ottobre 2019
L’affluenza è stata talmente tanta che non tutti -noi compresi- nei giorni precedenti sono riusciti a entrare, per motivi di sicurezza (vigili del fuoco e polizia erano -giustamente- molto rigorosi). Domenica mattina ci svegliamo prima delle 6; perdiamo il tram e dobbiamo aspettare il successivo, così tardiamo anche noi di 15′ sulla tabella di marcia. Arriviamo alla Leopolda alle 7 e c’è già molta coda. Nell’arco di 10 minuti la coda quadruplica; dopo un’ora è cresciuta di altre 10 volte. Noi riusciamo a entrare a prendere posto a sedere, ma la sala principale è già al massimo della capienza e la seconda sala è quasi al limite. Pochi minuti dopo l’apertura i cancelli vengono nuovamente chiusi.
Mi gusto tutti gli interventi e prendo appunti. Ci sono relatori di spicco che parlano di architettura e ambiente, di donne coraggiose, di senso etico, del connubio fra profitto e dono, di cultura come strumento di difesa e cambiamento: la direttrice creativa di Triennale Milano, Lucia Annibali, Brunello Cucinelli, il direttore del Cottolengo, il sindaco di Ecolano. Gli interventi conclusivi di Teresa Bellanova (che grinta!) e di Matteo Renzi sono potentissimi.
Finito tutto ci allontaniamo con la malinconia delle cose terminate e l’entusiasmo dei nuovi inizi.
Torniamo a casa con il pensiero alle parole di Aldo Moro
Se noi vogliamo essere ancora presenti, ebbene dobbiamo essere per le cose che nascono, anche se hanno contorni incerti, e non per le cose che muoiono, anche se vistose e in apparenza utilissime.









2 pensieri su “Una stazione piena di idee”